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Quando stropicciamo una foglia fresca di menta, quando annusiamo una rosa oppure quando spremiamo fra le dita un pezzo di buccia d'arancio, il nostro naso può apprezzare il profumo delle molecole odorose di questi vegetali che, in realtà, è una miscela molto complessa di sostanze volatili prodotte naturalmente dalla maggior parte delle piante.

Dalla quintessenza all'olio essenziale

Queste "essenze" sono presenti in piccolissime quantità in varie parti del vegetale (nei fiori, nelle foglie, nei frutti, ecc.) e possono essere estratte, usualmente tramite distillazione o spremitura, per ricavare i cosiddetti oli essenziali, che prendono generalmente il nome comune della pianta da cui derivano, come ad esempio l'olio essenziale di limone, di lavanda o di pino silvestre.

In natura le piante sintetizzano le essenze per scopi ben precisi e le utilizzano per diversi fini: richiamano gli insetti amici e favoriscono l’impollinazione, difendono da microrganismi nocivi quali muffe e batteri, comunicano con l’ambiente tramite messaggi profumati. Quindi le essenze sono parte integrale del metabolismo delle piante e sono sempre presenti: tuttavia, solo alcune piante sintetizzano essenze in quantità e qualità tali da essere interessanti per essere estratte e trasformate in oli essenziali.

Contrariamente a quello che si potrebbe supporre gli oli essenziali non sono sostanze oleose e non hanno nulla in comune con gli oli vegetali come ad esempio quello d'oliva o di mandorle; infatti, gli oli vegetali non sono volatili e non hanno un profumo intenso, sono untuosi e sono estratti in grande quantità dal vegetale. Il fatto che siano stati chiamati "oli" essenziali non ha nulla a che vedere con la loro natura grassa bensì si riferisce al loro carattere idrofobico/lipofilico, ovvero con il fatto che una volta estratti si separano facilmente dall’acqua e si dissolvono facilmente in olio o in alcool.

E perché “essenziali”?
Molti spiegano l’uso di questo termine asserendo che l’olio essenziale svolge funzioni essenziali nella pianta, oppure che rappresenta l’essenza, il totum della pianta stessa.odore spazio 03 Probabilmente, invece, l’origine del termine è dovuto alla contrazione dell'originale "olio quintessenziale" che è legato all'idea aristotelica secondo la quale la materia è composta da quattro elementi e precisamente fuoco, aria, terra ed acqua, completati dal quinto elemento, la "quintessenza", elemento considerato come lo spirito, la forza della vita. Questo concetto è stato ripreso nel periodo rinascimentale dagli alchimisti che erano convinti che dopo un ciclo di cinque distillazioni di un corpo (un fluido, un metallo,un vegetale) si poteva ottenere l'essenza purissima del corpo originario, il suo "spirito": così la "quintessenza", il purissimo distillato, era la massima perfezione, il supremo livello di espressione. Anche il termine "spirito" si riflette nel linguaggio di oggi per descrivere il distillato alcolico, come il brandy o lo whiskey.

A seconda del vegetale di origine gli oli essenziali sono molto diversi tra loro per quanto riguarda il colore, la consistenza, l'odore e l'azione: possono essere incolori, gialli, rossi, verdi, fluidi come l'acqua o viscosi come uno sciroppo, dal profumo leggero o intenso, dalla nota erbacea, floreale, speziata e così via. Proprio questa ricca fonte di sostanze odorose ha permesso all'uomo di sfruttare i principi olfattivi contenuti nelle piante per realizzare profumi che hanno pervaso la storia e la cultura da quasi sette millenni. Infatti, la pratica di gli oli aromatici ed essenze risale a migliaia di anni fa: gli oli essenziali erano impiegati oltre che per la profumazione "sacra" (durante riti e cerimonie religiose) e "profana", anche per la bellezza e la cura del corpo, e per prevenire e curare disturbi e malattie.

Sì, avete letto bene, gli oli essenziali non sono solo aromatici e per questo motivo utilizzati principalmente allo scopo di profumare, ma possono svolgere delle azioni funzionali sia sull'ambiente sia sull'uomo (ed anche sugli animali!).

Riferimenti

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